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05/03/1998 ITALIA OGGI - Per il Tribunale di Venezia le somme devono essere compatibili .... | Stampa |

Per il Tribunale di Venezia le somme devono essere compatibili con il diritto Ce.

Tassa società, rimborsi ridotti. Il giudice può rideterminare l'importo legittimo.


Rimborsi ridotti della tassa società. Il giudice può rideterminare l’importo dovuto dall’amministrazione, stabilendo l’importo entro il quale la tassa/società possa ritenersi compatibile con il diritto Cee e dunque legittima. È quanto deciso, in contrasto con quanto affermato dalla Corte di cassazione, dal tribunale di Venezia (sentenza 10 febbraio 1998 n. 384), con una pronuncia la quale va segnalata anche perché afferma che il contribuente ha diritto al rimborso anche se non ha presentato ricorso in sede amministrativa e perché (in conformità con altri tribunali italiani) ritiene inapplicabile in materia la decadenza triennale (optando per la prescrizione decennale). Ma vediamo di analizzare la sentenza partendo dal profilo di assoluta novità.

Rimborsi parziali. Il tribunale nel caso concreto ha rideterminato la cifra spettante a una nuova società veneta, rappresentata dall’avvocato Riccardo Rocca, riducendo l’importo da 36 milioni a 34.583.000, decurtando una cifra corrispondente alla remunerazione del servizio, che è apparsa conforme alla normativa comunitaria.

Per fare ciò il tribunale di Venezia ha ritenuto di superare l’orientamento delle sezioni unite (sentenza n. 3458/96), secondo il quale "la modificazione e la struttura del tributo e la riduzione dell’ammontare dello stesso entro i limiti compatibili con la disciplina comunitaria" esulano dai poteri dl giudice ordinario. Partendo, però, dalla considerazione che la Corte europea ha formulato un giudizio di incompatibilità soltanto parziale tra la normativa italiana comunitaria e che non è stata esclusa la legittimità di tassazioni correlate al servizio reso. Il tribunale rileva che la tassa società non si può dire priva di fonte normativa (ciò che impone il rimborso integrale). Anzi la fonte normativa della tassa è da trovare nella integrazione della normativa italiana con la normativa comunitaria. Se così è, allora, "la illegittimità della norma nazionale non riesce a travolgere la giuridica sussistenza del tributo, perché questa si rinviene nella disciplina tributaria". E allora, conclude il giudice, che si duole della illegittimità della norma nazionale in quanto difforme dalle condizioni di operatività del tributo codificate in sede comunitaria, non può pretendere di non pagare il tributo stesso, proprio perché esso è dovuto in sede transnazionale. Il problema si sposta sull’esistenza di parametri certi per la ricostruzione del tributo in senso remunerativo e quindi conforme alla disciplina europea. Il giudice a questo punto ha ritenuto di trovare un parametro certo nella legge 427/93, che ha fissato la tassa unica per tutte le società in 500 mila lire per l’iscrizione dell’atto costiutivo e in lire 250 mila per tutti gli altri atti sociali, misure ritenute, almeno in sede legislativa, corrispondenti al servizio reso. Sulla base di questi principi e attualizzando le cifre ora ricordate, il giudice ha decurtato la somma dovuta alla società.

Ricorso amministrativo. La pronuncia si presenta decisamente favorevole ai contribuenti laddove ritiene che non si applicano gli articoli 11 e 12 del dpr 641/72, che subordinerebbero l’azione giudiziale a istanze e ricorsi amministrativi. In materia non occorre alcuna preventiva fase amministrativa (si veda anche Corte cost. 56/94). E quand’anche fosse stata esperita la via giudiziale non è subordinata a termini di decadenza. In particolare, la domanda al giudice civile non è soggetta al termine di decadenza di 90 giorni dalla decisione amministrativa.

Decadenza. Unendosi ad altre decisioni il tribunale di Venezia ribadisce l’inesistenza di un termine triennale, in quanto in materia non trova applicazione l’art. 13, comma2, dpr 641/72 (invocando invece delle sezioni unite della Corte di cassazione, sentenza 3458/96). In particolare, il tribunale veneto rileva che : si tratta di pagamento indebito e non erroneo; il diritto al rimborso ha fonte comunitaria e non interna; verrebbe privilegiato il contribuente litigioso (che ha iniziato un contenzioso interrompendo i termini) rispetto al contribuente collaborativo, che attende lo schiarirsi della situazione, ma vede spirare il termine (riproduzione riservata).

Antonio Ciccia
 
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