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27/10/2001 IL GAZZETTINO - Monselice. I giudici della Corte di Cassazione hanno accolto .... | Stampa |

Monselice. I giudici della Corte di Cassazione hanno accolto il ricorso presentato dai legali della ditta di giocattoli Royal Collection srl.

I Pokemon possono essere anche imitati.

Quasi mezzo milione di cartoni di peluche provenienti dalla Cina erano stati bloccati nel porto di La Spezia.


I Pokemon sono "trappole" micidiali per i bambini e i ragazzini. Vali soltanto se li possiedi. Siano le figurine o i cartoni, ma anche gli astucci scolastici e i pelouche dei personaggi ormai entrati nella quotidianità delle piccole generazioni. L’emarginazione è a rischio fin dai primi anni d’età. Ma è una cosa che pesa, economicamente, soprattutto sui bilanci delle famiglie meno abbienti. Adesso in aiuto dei genitori è arrivata una sentenza della Corte di Cassazione. I giudici danno il via libera al commercio dei Pokemon anche "imitati" dagli originali. Perché i prodotti che rappresentano una "mera imitazione" di quelli industriali possono essere tranquillamente commerciati senza per questo incorrere nel reato previsto dall’articolo 474 del codice penale: "il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi non può avere ad oggetto beni che costituiscono una mera imitazione di prodotti industriali, senza alcun marchio o altro segno distintivo della merce che risulti abusivamente riprodottoo falsificato". Sulla base di questo principio l’Alta Corte ha ordinato l’immediata restituzione di 483 cartoni di pelouche che riproducono l’immagine dei personaggi della serie Pokemon, prodotti in Cina e commercializzati dalla ditta Royal Collection S.r.l. con sede a Monselice, in via Umbria. Un risultato clamoroso. Il ricorso ai giudici della Suprema Corte è stato presentato dallo studio legale di Padova, che fa capo all’avvocato Riccardo Rocca. Uno dei principi basilari elencati nel ricorso è questo: "Per marchi e segni distintivi si intende tutto ciò che vale a distinguere una certa opera dell’ingegno o un certo prodotto industriale – esempio scritte e raffigurazioni – in quanto proveniente da quella determinata azienda". Ma i 6762 chilogrammi di pelouche, non recavano i marchi "Warner Bros" "Nintendo Inc." o della "Walt Disney". Ma quello della "Royal Collection" padovana ed erano soltanto un’imitazione, prodotti anche con materiali diversi da quelli originali. Insomma, nessuno acquirente viene tatto in inganno, anzi sa acquistare un prodotto che imita quello originale. "La Corte di Cassazione ha finalmente capito qual è realmente la nostra intenzione quando commercializziamo questo tipo di prodotto", dicono i responsabili della ditta di Monselice, specializzata nella produzione di articoli casalinghi, giocattoli e bambole. "Noi non abbiamo mai voluto contraffare marchi altrui, e trarre in inganno i consumatori. Per questo tutti i giocattoli che poniamo in commercio contengono chiaramente il marchio Royal Collection. Quindi, tutti i nostri clienti vengono sempre edotti dall’esatta provenienza dei giocattoli che acquistano, sanno cioè di comperare un prodotto della nostra ditta, che ormai opera da anni con successo", dicono alla Royal Collection.

Era il 28 novembre dello scorso anno quando i 483 cartoni di pelouche sono stati bloccati alla dogana portuale di La Spezia per conto della locale Procura della Repubblica. L’accusa: "Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi" e "Vendita di prodotti industriali con segni mendaci". Lo studio legale Rocca aveva impugnato il provvedimento, ma non aveva avuto ragione. Da qui il ricorso in Cassazione.

Lino Lava
 
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